MILANO (ITALPRESS) – Chissà se un giorno gli intitoleranno uno
stadio come quel Santiago Bernabeu al quale amava paragonarsi, di
sicuro la morte di Silvio Berlusconi lascia nel mondo del calcio
un vuoto incolmabile: pochi al mondo possono vantare una bacheca
come quella messa su in oltre 30 anni dall’ex presidente del
Milan. Un’avventura, quella rossonera, iniziata con quel passaggio
di consegne con Giuseppe “Giussy” Farina che sapeva tanto di
salvezza per il Milan. L’imprenditore di Arcore, re delle
televisioni private, prese per i capelli uno dei club più
importanti al mondo, che in quel lontano 20 febbraio del 1986 era
sull’orlo del fallimento. Un gesto dovuto, pensano alcuni, viste
le origini milanesi della famiglia Berlusconi, non un atto ovvio,
anche se tutta l’operazione costò “solamente” 6 miliardi delle
vecchie lire. Gianni Nardi fu l’ultimo uomo della vecchia gestione
che rimase presente anche nella nuova era, per il resto tutto
cambiò. Una vera e propria rivoluzione. Silvio Berlusconi non ha
infatti mai amato le mezze misure e ha sempre puntato al massimo,
per ottenere anche il minimo successo. Ci stava riuscendo a
livello imprenditoriale, tra poco avrebbe fatto altrettanto nel
calcio e poi anche nella politica.
Il suo ingresso nel mondo del pallone fu un terremoto,
presentandosi ai potenti a modo suo: prese Donadoni all’Atalanta,
strappandolo di fatto alla grande Juventus di Gianni Agnelli. Un
buon biglietto da visita, che fu seguito poi da altre operazioni
di mercato rivelatesi sensazionali, come Gullit, Van Basten e
Ancelotti. La presentazione ai tifosi in quell’estate del 1986 fu
altrettanto originale, e poteva far intuire bene il tipo di
personaggio con cui si aveva a che fare: il 18 luglio si presentò
con tutta la rosa dei giocatori all’Arena di Milano, atterrando
con degli elicotteri, accompagnati dalle note della Cavalcata
delle Valchirie. Un atto di supponenza e presunzione per i vecchi
soloni del calcio italiano, che non avrebbero mai immaginato a
quale epopea avrebbero assistito da lì a poco. Allo sconosciuto
allenatore, Arrigo Sacchi da Fusignano, fu dato un preciso diktat: in tempi brevi essere primi in Italia, in Europa e nel Mondo. Fu proprio così. Scudetto nel 1988, Coppa dei Campioni nel 1989 e 1990, accompagnate da altrettanti Coppe Intercontinentali. In pochi anni il mondo conobbe il Milan di Sacchi, e se ne innamorò per sempre. Un calcio totale mai visto in Italia, destinato a fare la storia di questo sport. Silvio Berlusconi ha avuto il merito di saper dare continuità ai successi anche con uomini diversi.
L’importante è sempre la maglia, l’unico elemento eterno in una
società, non come gli interpreti, destinati a variare. Le vittorie rimasero a tinte rossonere anche senza Sacchi e Van Basten. Fabio
Capello, altra geniale intuizione di Berlusconi, e Carlo
Ancelotti, profondo conoscitore del mondo Milan, imbottirono la
bacheca di altri successi: 8 scudetti, 5 Champions League, 3
Mondiali per Club e molto altro ancora, per un totale di 29 trofei
in 31 anni, l’ultimo dei quali quella Supercoppa Italiana vinta a
Doha nel dicembre 2016 con Montella, quando l’era Berlusconi aveva
da tempo intrapreso il viale del tramonto. Uno dei presidenti più
vincenti della storia, grazie a tanti altri protagonisti come
Maldini, Baresi, Nesta, Weah, Shevchenko, Pirlo, Baggio,
Savicevic, Kakà, Ibrahimovic, che a loro volta saranno grati in
eterno a un personaggio discutibile, ma pur sempre geniale. Pagine
di storia che hanno conosciuto anche le sconfitte: dalla notte di
Marsiglia all’incubo di Istanbul, non c’è felicità e successo
senza passare dalla sofferenza. La stessa che ha provato quando,
dopo diverse stagioni avare di gioie e vittorie, ha accettato di
cedere ai cinesi purchè riportassero il club rossonero dove
meritava.
Con la morte del cuore aveva fatto un passo indietro, per il bene
del suo grande amore chiamato Milan. Ma il richiamo del calcio era
così forte che, a un anno da quella dolorosa separazione, aveva
deciso di rituffarsi in una nuova avventura assieme all’amico
Galliani. E così, nel settembre 2018, rileva il Monza in serie C,
con l’obiettivo di portarlo per la prima volta nel massimo
campionato a sfidare il “suo” Milan. Missione compiuta nel giro di
quattro stagioni, con i brianzoli che passano dalla C alla A,
diventando una delle sorprese del torneo anche grazie alla
promozione in panchina di Raffaele Palladino, ennesima intuizione
di un fine intenditore di calcio come Silvio Berlusconi.
– foto Image –
(ITALPRESS).
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