di Santi Liggieri
Tracciare giudizi universali sul Catania è impossibile. Ciò che ci restituisce la stagione regolare dei rossazzurri è infatti tutto e il contrario di tutto. Una salvezza agguantata all’ultima partita utile grazie ad una vittoria su una delle squadre più quotate del Girone C.
Ma contemporaneamente l’accesso ai playoff nazionali, obiettivo su cui tanti avrebbero messo la firma a inizio stagione, maturato attraverso un cammino in coppa ogni oltre aspettativa, che ha consentito mettere in bacheca anche un trofeo. Il tutto in un’annata in cui nulla è sembrato funzionare. Un ritiro estivo messo in piedi alla meno peggio, una squadra costruita a ridosso dell’avvio della stagione e che non ha potuto giovare di un precampionato all’altezza delle ambizioni. L’arrivo della scommessa Tabbiani e l’idea di portare in campo un calcio dominante, tramontata dopo appena tre mesi. L’allontanamento del direttore sportivo Laneri. Il tentativo di cambio di rotta con Lucarelli e un mercato di gennaio in cui è stata rivoluzionata la rosa. Tutto inutile.
Il Catania muta pelle e veste tattica più volte ma i risultati non arrivano. Via Lucarelli. Per cercare la scossa definitiva panchina affidata a Michele Zeoli, uno che la maglia rossazzurra la conosce bene. Ma la stagione del Catania è gattopardiana. Tutto cambia affinché nulla cambi. Ciò nonostante questo gruppo vive di rigurgiti d’orgoglio e porta a casa partite difficili e decisive proprio quando il baratro è sempre più vicino. Una squadra illeggibile che in un campionato chiuso con 17 sconfitte, segnando di fatto una delle peggiori annate della sua storia, può giocarsi ancora le sue chance per agguantare una promozione, scenario che si avvicina ad uno dei segreti di Fatima.
Mantenendo un po’ di sano realismo è difficile pensare che i rossazzurri visti fin qui possano reggere l’urto dei playoff, ma nonostante sia impossibile fidarsi di questo Catania, bisogna mettere da parte la ragione.