Lo hanno amato tutti. I tifosi del Barcellona e della Spagna in particolare, ma Andres Iniesta è uno dei pochi calciatori che può dire di aver unito tutti. Uno dei migliori centrocampisti nella storia del calcio, unico con la sua classe, la sua eleganza, la sua intelligenza calcistica e le sue magie. Lascia il pallone a 40 anni, dopo aver giocato le ultime stagioni prima in Giappone e poi negli Emirati Arabi, dopo una vita al Barça. Oggi si è tenuta la conferenza stampa dell’addio, tra grandi ospiti, amici, ex compagni, allenatori e dirigenti. “Non ho mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato, non l’ho mai immaginato – dice Iniesta -. Le lacrime di questi giorni non sono di tristezza, ma di emozioni e orgoglio, sono quelle di un bimbo di Fuentealbilla che aveva un sogno e che lo ha realizzato dopo tantissimo lavoro, sacrifici e senza mai arrendersi. Sono orgoglioso del cammino che ho fatto, ho vissuto il meglio a livello professionale e ricordo tutte le tappe. Oltre ad Albacete e Barcellona nella mia pelle c’è la Selección, un cammino iniziato a 15 anni, una grandissima gratificazione essere scelto e avere avuto la fortuna di vivere la migliore epoca della storia con i due Europei e il Mondiale vinto.”
Una gratificazione di certo, ma nessuno al mondo avrebbe potuto escluderlo e tutto il mondo, olandesi a parte, ha sorriso quando nel 2010, in Sudafrica, ha realizzato il gol che ha regalato il titolo iridato a La Roja. “Quel gol lo abbiamo segnato tutti, non solo io”, dice Iniesta, un grandissimo anche fuori dal terreno di gioco. “Tutti quelli – prosegue – che hanno lavorato, lottato e sofferto per giocare quella finale, giocatori e tifosi, tutti abbiamo segnato quel gol, io ho messo la palla dentro, ma tutto è stato possibile grazie alla magia che si era creata. Passano gli anni ma continuiamo a emozionarci per quei giorni, non ci sono parole per descrivere quei momenti, quando ho segnato quel gol ho sentito la forza di tutti, per questo sono un privilegiato, ho fatto quel gol per la Spagna, la nostra gente, il nostro calcio”.
Nelle sue parole c’è anche l’amore per il Barcellona (“Mi ha cambiato la vita, questo club è stato la mia vita”), per una squadra che ha vissuto un ciclo lunghissimo incantando il mondo. “Non era solo giocare, erano anni unici per come lo facevamo, per come ci allenavamo, qualcosa di magico e che ci siamo goduti, era bello sentire che la gente aveva voglia di venirci a vedere per le emozioni che regalavamo”, dice Don Andres, che a un certo punto ha sorpreso tutti scegliendo il Kobe, il Giappone, quando ancora faceva la differenza ai massimi livelli.
“Nel 2018 ho preso una delle decisioni più difficili, mi sono preso un rischio, ho lasciato il Barça per andare dall’altra parte del mondo e dopo 5 anni di Giappone posso dire di aver vissuto un’esperienza meravigliosa. Al di là delle vittorie sul campo e della crescita di un club umile – spiega Iniesta -, io e la mia famiglia abbiamo vissuto anni splendidi”. E adesso? Per fortuna del calcio e degli appassionati, Don Andres non dice addio al pallone. “Il gioco continua è un gioco di parole – ha spiegato riferendosi allo slogan di questo incontro -. Il calcio è stato ed è la mia vita, stiamo continuando a lavorare su alcuni progetti, continuo a formarmi, a imparare, ma ho bisogno di farlo, crescendo e sbagliando. Sto iniziando il percorso di allenatore, seguirò tappa dopo tappa con l’entusiasmo e la voglia di sempre, dopo aver vissuto una splendida carriera da calciatore, lottando e lavorando fino all’ultimo giorno. Il resto è storia: titoli, sconfitte, momenti difficili che tutti nella vita dobbiamo superare. Sono orgoglioso di non essermi mai arreso di fronte a nessuna situazione, l’unico dispiacere è che avrei voluto continuare a giocare fino a 90 anni. Allenare un giorno il Barça? Ovvio che mi piacerebbe, ma succederà solo quando sentirò di poter dare una mano come ho fatto da calciatore. Che tipo di allenatore sarò? Se un giorno lo sarò, sarò Iniesta.”
Italpress